Nuove terapie
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CURA PER INFEZIONI DA BATTERI RESISTENTI AGLI ANTIBIOTICI
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Questa nuova terapia si basa sul principio di trasformazione nei batteri e
si avvale dell'utilizzo delle molecole di DNA secrete da batteri non
patogeni o (nel caso che vengano impiegate per polmoniti) secrete da batteri
che se inalati siano incapaci di provocare infezioni alle vie respiratorie.
Consiste nell'amplificare con la PCR tali molecole e somministrarle sotto
forma di aerosol direttamente nelle vie respiratorie, oppure iniettarle
nell'apparato circolatorio. Tali molecole assorbite dai batteri
modificherebbero le loro caratteristiche rendendoli meno o per nulla
pericolosi. La PCR consente di ottenere enormi quantità di tali molecole. Se
è possibile che un batterio di un ceppo di pneumococchi non patogeni possa
diventare virulento se acquista un tratto di DNA di uno pneumococco
patogeno, sarà anche possibile il processo inverso. Ovviamente non tutti i
tipi di ceppi batterici sono in grado di produrre molecole capaci di
modificare un determinato altro ceppo batterico. IMPORTANTE: Siccome le
molecole di acido nucleico utilizzate possono essere considerate agenti
infettivi ed è probabile che si replichino all'interno delle cellule
batteriche anche se non nel modo usuale, questa nuova terapia andrebbe usata
solo su pazienti in pericolo di vita e con molta prudenza.
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CURA PER MALATTIE GENETICHE CON MOLECOLE DI ACIDI NUCLEICI
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MALATTIE CHE POSSONO ESSERE CURATE CON QUESTO TRATTAMENTO:
Possono essere curate con questo trattamento tutte le malattie causate da
disfunzioni cellulari imputabili o non al non corretto funzionamento di geni
(1600 e più malattie umane sono di origine genetica). Ecco alcuni esempi di
malattie causate da disfunzioni cellulari: Fibrosi cistica, diabete mellito
di tipo II, morbo di burger (se non reagisce ai vasodilatatori), malattia di
Tay-Sachs, sindrome di Fabry, gangliosidosi, Fenilchetonuria, Alcaptonuria,
Favismo, Talassemia, Anemia falciforme, Amilosi, Lipidosi: (malattia di
Gaucher, malattia di Hand-Schüller-Christian), Glicogenosi: (malattia di van
Gierke), Emofilia, Morbo di Addison, Galattosemia, paralisi permanente
originata da deficit congeniti nello sviluppo dei nervi motori, ecc...
DESCRIZIONE TERAPIA:
Con una biopsia si preleva un frammento di tessuto da un donatore sano e un
frammento di tessuto dal paziente affetto dalla malattia genetica, e si
coltivano in vitro. Il filamento di acido nucleico, che una cellula già
differenziata di un determinato tessuto inietta in una particolare cellula
staminale per trasformarla in una cellula di quel tessuto, può essere
isolato sia dalle cellule del frammento di tessuto sano prelevato da un
donatore, che dalle cellule del frammento di tessuto prelevato dal paziente
affetto dalla malattia genetica. Questi due tipi di molecole possono essere
replicate con la PCR. Sostituire, dal filamento di acido nucleico ottenuto
dalle cellule del donatore sano, il tratto che ne determina la selettività
permettendogli di essere riconosciuto e utilizzato dalle cellule di
determinati tessuti ma non di altri, con l'analogo tratto presente sul
filamento di acido nucleico ottenuto dalle cellule del paziente. La molecola
così ottenuta può essere replicata con la PCR e iniettata direttamente
nell'apparato circolatorio del paziente affetto dalla malattia genetica.
Tale molecola dovrebbe contenere i geni e le informazioni utili alla
sopravvivenza delle cellule del frammento di tessuto prelevato dal donatore
sano.
IPOTESI DEL TRATTO DI ACIDO NUCLEICO DETERMINANTE LA SELETTIVITA':
Questa nuova tecnica utilizza le molecole di acido nucleico che le cellule
dei tessuti si scambierebbero tra loro, in pratica sarebbe possibile
modificarle per poterle iniettare direttamente in circolo; Tutti i tipi di
cellule le assorbirebbero ma verrebbero utilizzate solo in determinate
cellule che riconoscono un determinato tratto del filamento di acido
nucleico assorbito; Tale tratto verrebbe riconosciuto dalle cellule di un
determinato tessuto ma non da cellule di altri tessuti dell'organismo. La
selettività sarebbe data dalla sequenza di nucleotidi di quel tratto forse
posizionato ad una estremità del filamento di acido nucleico.
ARGOMENTAZIONI A FAVORE DELL'IPOTESI SU DESCRITTA:
Nonostante che, il motivo per cui alcuni virus attaccano solo le cellule di
determinati tessuti ma non di altri sia dovuto ad alcune glicoproteine che
sporgono dal rivestimento esterno dei virus e che si legano ad alcuni
recettori delle cellule bersaglio, esisterebbe un'altro fattore: Un ceppo
virale per infettare un determinato tipo di cellule deve possedere un tratto
del suo acido nucleico identico a quello posseduto da altre molecole di
acido nucleico che le cellule si scambierebbero tra loro.
Se tale tratto corrisponde, la cellula colpita dall'attacco di un virus non
produrrà l'interferone atto ad attivare la sintesi di proteine che bloccano
la replicazione dei virus nelle altre cellule dello stesso tessuto, in caso
contrario la cellula colpita dall'attacco di un virus produrrà l'interferone
e i virus non potranno (per un determinato periodo di tempo) replicarsi
nelle altre cellule di quel tessuto.
---Da enciclopedia---
L'azione antivirale dell'interferone non è diretta, ma viene svolta da
particolari proteine delle quali esso stimola la sintesi.
---Fine---
Si verifica qualcosa di simile anche nelle cellule batteriche: Nella
"modificazione dei virus batterici indotta dall'ospite" i batteri liberano
enzimi di restrizione che riconoscono il DNA virale e lo scindono in diversi
frammenti, mentre rimane comunque possibile, in altre circostanze, lo
scambio di DNA tra batteri direttamente dall'ambiente esterno.
Anche in questo caso (Nonostante che, il motivo per cui alcuni virus
attaccano solo le cellule batteriche di un determinato ceppo ma non di altri
sia dovuto ad alcune glicoproteine che sporgono dal rivestimento esterno dei
virus e che si legano ad alcuni recettori delle cellule bersaglio), un
virus, per infettare una cellula batterica, deve possedere un tratto del suo
acido nucleico identico, compatibile, con quello posseduto da altre molecole
di acido nucleico che i batteri dello stesso ceppo si scambiano tra loro.
Se una cellula batterica è infettata da un virus il cui tratto del DNA che
ne determina la selettività è compatibile, l'infezione non è ostacolata e
procede senza problemi.
Se una cellula batterica è infettata da un virus il cui tratto del DNA che
ne determina la selettività non è compatibile, avviene questo:
1. Il non riconoscimento del tratto di DNA (del virus) che ne determina la
selettività attiva il repressore, un fattore nel citoplasma che ostacola
l'automoltiplicazione del virus.
---Da libro stampato nel 1974---
Se il profago assume l'aspetto di un gene batterico, difficilmente possiamo
spiegarci perchè non si comporti come un fago virulento, che si moltiplica
in continuità producendo poi una lisi, ma segua supinamente il comportamento
degli altri geni batterici. Sembra che un certo fattore, non appartenente al
genoma, ma al citoplasma che lo circonda, ostacoli la sua continua
automoltiplicazione. Esso reprime l'attività del profago, ed è quindi
chiamato repressore
---Fine---
2. La cellula infettata secernerà interferone per le altre cellule ma
sintetizzerà anche proteine difensive per se stessa; Tali proteine agiranno
selettivamente, riconoscendo e distruggendo eventuali nuove molecole di
acido nucleico che vengono assorbite dalla cellula, solo se il tratto che
determina la selettività di tali molecole è identico a quello posseduto dal
DNA del virus precedentemente penetrato.
---Da libro stampato nel 1974---
Ritorniamo al repressore: è detto sovente fattore d'immunità, in quanto si
deve probabilmente alla sua presenza che cellule infettate con un profago
(cellule lisogene) siano di regola diventate immuni contro il ripetersi
dell'infezione da parte dello stesso fago.
[...]
Si è visto che, secondo la norma, la presenza del repressore ostacola
un'ulteriore penetrazione nella cellula di altri profagi di stesso tipo.
Invece altre specie di fagi non sono ostacolate;
[...]
Esistono però ancora altre possibilità:
1. Il secondo fago riesce a penetrare nella cellula infettata, ma non riesce
ad inserirsi nel suo ricambio; la concorrenza del primo fago è troppo forte.
2. Il primo fago produce una sostanza, detta interferone, che non solo
impedisce la moltiplicazione del secondo fago, ma si diffonde nelle cellule
vicine della stessa specie di batterio (non di altra specie!) rendendole
immuni contro numerosi altri tipi di fagi. Non si sa ancora come funzioni
l'interferone in questa sua azione, e se si identifichi o no col suddetto
repressore. Ma gli effetti sono estremamente importanti, poichè
l'interferone è specifico per la specie ospitante, ma non nei confronti dei
virus.
---Fine---
3. La cellula così protetta da nuove infezioni da parte dello stesso ceppo,
tenta di espellere il dna virale e risanare.
---Da libro stampato nel 1974---
Però è possibile anche il contrario, ossia che una cellula batterica
lisogena espella il profago e risani.
---Fine---
4. Almenochè le istruzioni per sintetizzare proteine specifiche per bloccare
un determinato virus siano contenute nella sequenza di amminoacidi
dell'interferone, le proteine difensive sintetizzate da altre cellule che
hanno assorbito l'interferone non possono essere specifiche per quel
determinato virus, quindi, tali proteine bloccheranno per un certo tempo la
replicazione di qualsiasi tipo di virus:
---Da enciclopedia---
Al principio degli anni Sessanta Arber scoprì il meccanismo con il quale i
batteri disattivano i batteriofagi, ossia i virus che invadono le cellule
procariote. Arber dimostrò che i batteriofagi vengono inattivati, perché i
batteri liberano un enzima di restrizione che riconosce il loro DNA e lo
scinde in diversi frammenti, rendendolo inoffensivo. Quando ciò accade, i
batteri liberano anche un altro enzima, che ha la funzione di proteggere il
loro stesso DNA dall'azione degli enzimi di restrizione. Questo processo in
due passaggi venne chiamato "modificazione dei virus batterici indotta
dall'ospite".
---Fine---
Durante questa fase temporanea, l'attività di trasformazione nei batteri
(durante la quale una molecola di DNA, proveniente da una cellula batterica,
penetra in un altro batterio direttamente dall'ambiente esterno e si integra
nel suo patrimonio genetico, sostituendo un analogo tratto di DNA) viene
impedita.
IPOTESI DELLO SCAMBIO DI ACIDI NUCLEICI TRA CELLULE:
Una cellula del tessuto del midollo osseo (A) si replica producendo un'altra
cellula (B) uguale alla prima. Successivamente, la cellula (A) inietta nella
cellula (B) un primo filamento di acido nucleico (di DNA oppure di RNA)
avente lo scopo di trasformarla in una cellula staminale indifferenziata.
Successivamente la cellula (A) inietta nella cellula (B) un secondo
filamento di acido nucleico avente lo scopo di trasformarla o in una cellula
staminale linfoide, oppure in una cellula staminale mieloide, oppure in una
cellula staminale che quando verrà liberata nell'apparato circolatorio e
raggiungerà e attecchirà ad altri tessuti si trasformerà in una cellula di
tal tessuto. Ciò che determina in quale tipo di cellula staminale si
trasformerà la cellula (B), dipende dalla sequenza di nucleotidi del
filamento. Inoltre è probabile che gruppi di cellule (A) del midollo siano
specializzate per iniettare solo un tipo di acido nucleico.
La cellula staminale linfoide si trasformerà in una cellula (C) precursore
dei linfociti; Inoltre i linfociti inietteranno nella cellula (C) un
filamento di acido nucleico che trasformerà la cellula (C) in un linfocita,
tal acido nucleico tra l'altro contiene informazioni (ad esempio gli
antigeni incontrati dal linfocita) e geni che erano presenti nel linfocita e
che verranno trasferiti nella cellula (C) che diverrà un nuovo linfocita.
Torniamo alla cellula staminale (B) che quando verrà liberata nell'apparato
circolatorio e attecchirà ad altri tessuti si trasformerà in una cellula di
tal tessuto; E' probabile che ciò che determini a quale tessuto la cellula
(B) si legherà, dipenda sia da altre proteine antigeniche presenti sulla
membrana della cellula (B) staminale (oltre ai recettori CD34), sia dal tipo
di filamento di acido nucleico che ha ricevuto, e quindi da quale tipo di
cellula del midollo che glielo ha iniettato. Quando la cellula staminale (B)
si attacca ad una cellula già differenziata di un'altro tessuto riceve da
questa un filamento di acido nucleico che la trasformerà in una cellula di
tal tessuto, inoltre vi trasferirà anche geni e altre informazioni utili
alla sopravvivenza delle cellule di quel tessuto. Le caratteristiche
genetiche delle cellule di un tessuto subiscono lievi cambiamenti indotti da
fattori nocivi, tali cambiamenti verranno così trasferiti alle nuove cellule
staminali che si legheranno al tessuto:
IPOTESI DELLA SELEZIONE CELLULARE NEI TESSUTI:
Le cellule di uno stesso tessuto non sarebbero tutte identiche tra loro, vi
sono quelle lievemente più o meno resistenti ai vari fattori nocivi,
temperatura, sostanze tossiche, sollecitazioni meccaniche, ecc... Quando
alcune cellule muoino per eventi nocivi quelle che si replicano maggiormente
sono quelle lievemente più resistenti, in tal modo si selezionano cellule
sempre più resistenti agli eventi nocivi per il tessuto. Affinchè ciò possa
funzionare è necessario che molte delle molecole nelle cellule abbiano degli
agganci molecolari variabili (i recettori per l'ormone possono legarsi anche
solo parzialmente all'ormone); Cosi come devono essere variabili tutte le
altre caratteristiche delle cellule, persino la forma della cellula. Questa
è una prova su cui si basa la teoria:
---Da enciclopedia---
nel diabete di tipo II, il pancreas produce una considerevole quantità di
insulina, ma ciò non è sufficiente per le necessità dell'organismo,
soprattutto perché i tessuti sono spesso resistenti agli effetti
dell'ormone. In alcuni soggetti che presentano quest'ultimo tipo di diabete,
tale resistenza è dovuta a prolungata obesità. Un alto livello di glicemia
rende inattivi i recettori bersaglio dell'insulina, presenti nelle cellule
dell'organismo.
---Fine---